Robe da chiodi

Twombly, Barthes e l’ésprit de délicatesse

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È morto Cy Twombly. Ricordo che la prima volta che ebbi la sensazione della sua eccezionalità fu all’Hamburger Banhof di Berlino. Ero con un gruppo di figli miei e di figli di amici. E notai che quel manipolo di occhi istintivi si era bloccato davanti ad una serie di grandi tele di Cy Twombly con le sue scritture fluide. La spiegazione di quell’affinità imprevista, l’ho poi trovata in alcune pagine che Roland Barthes dedicò a CT. Vi propongo un paio di sue intuizioni (nell’immagine sopra: Twombly, Wilder-shores-of-love, 1985).

La moralità di CT
«Ci sono delle pitture eccitate, possessive, dogmatiche: impongono il prodotto, gli conferiscono la tirannia di un concetto o la violenza della bramosia. L’arte di Cy Twombly – è la sua moralità – e anche la sua estrema singolarità storica – non vuole afferrare niente; si trattiene, galleggia, si muove tra il desiderio – che sottilmente anima la mano – e la cortesia, che gli dà il congedo; se bisogna trovare a quest’arte qualche referenza, si potrebbe andare a cercarla lontano, fuori dalla pittura, fuori dall’Occidente, fuori dai secoli storici, ai confini stessi del senso, e dire con Tao Tö King: «Produce senza appropriarsene, agisce senza aspettare; comiuta la sua opera, non vi si attacca, e poiché non le si attacca, la sua opera resterà».

L’artista “gauche”
«Si dice: Twombly, è in quanto disegno, tracciato con la mano sinistra. La lingua francese è lingua destrorsa: chi cammina vacillando, chi gira alla larga, chi è maldestro e imbrazzato, viene definito “gauche”. E di questa “gauche”, denotazione morale, giudizio, condanna ne ha fatto una definizione fisica… producendo una scrittura “gauche”, Twombly disturba la morale del corpo: morale tanto più arcaica, quanto più assimila l’anomalia a una deficienza, e la deficienza a un errore. Che i suoi grafismi, le sue composizioni siano “gauches”, questo rinvia Twombly al cerchio degli esclusi, dei marginali – dove si ritrova, ben inteso, con i bambini e gli infermi: chi è “gauche” è una sorta di cieco: non vede bene la direzione, la portata dei suoi gesti; solo la sua mano lo guida, il desiderio della sua mano, la sua attitudine strumentale; l’occhio è la ragione, l’evidenza, l’empirismo, la verosimigianza, tutto quello che serve a controllare, a coordinare, a imitare, e come arte esclusiva della visione, tanta nostra pittura del passato si è trovata assogettata a una razionalità repressiva. In un certo senso, Twombly libera la pittura della visione; perché il “gauche” disfa il legame tra la mano e l’occhio: disegna senza luce (così faceva Twombly quand’era nell’esercito)».

Written by gfrangi

Luglio 6th, 2011 at 8:37 am

Posted in pensieri

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