Robe da chiodi

Il sangue di Artemisia

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L’Artemisia donna trascina l’Artemisia pittrice nella mostra milanese. Un intento dichiarato sin dall’ingresso dominato dalla “messa in scena” dello stupro pensato da Emma Dante (ma perché quel letto a due piazze da hotel design? Ci avrei visto il letto crudo di Tracey Emin…). Operazione ad effetto, che va in senso contrario rispetto a quella fatta nel 1991 dai curatori della mostra di Casa Buonarroti. È un’operazione che ci può stare, perché i confini tra la donna e la pittrice sono davvero labili ed è ormai difficile districare l’intreccio: l’insistenza su soggetti di sangue facilita il tutto (quanto sangue…). Certo se ci fosse stata qualche opera vera del padre Orazio (ma il capolavoro di Brera non poteva proprio arrivare?), avremmo avuto miglior percezione degli affanni dell’Artemisia pittrice, che tiene botta sinché ha il padre alle spalle e procede molto più incerta per il resto del suo percorso. A volte sembra come una spugna che assorbe il clima delle città in cui si vive, come nel periodo napoletano, con la pittura sporca e intrisa di ombre dei teleri di Pozzuoli. Questa almeno è la mia impressione.
Sulla Artemisia donna ricordo il romanzo di Anna Banti, allora Lucia Lopresti. Un romanzo sofferto proprio perché il tempo dell’artista s’intreccia sempre con il tempo della scrittrice. Ci sono passaggi che sarebbero satti benissimo ad inizio mostra… Come questo (le rovine di cui parla sono quelle lasciate dai bombardamenti della guerra, che avevano distrutto la casa in cui aveva abitato Artemisia ma anche la casa della scrittrice).
«Non si può, riconosco, richiamare in vita e penetrare un gesto scoccato da trecento anni: e figuriamoci un sentimento, e quel che allora fosse tristezza o letizia, improvviso rimorso e tormento, patto di bene e di male. Mi ravvedo; e dopo un anno che le rovine sono rovine, né mostrano di essere di più o di meno di tante altre antiche, mi restringo alla mia memoria corta per condannare l’arbitrio presuntuoso di dividere con una morta di tre secoli i terrori del mio tempo. Piove sulle rovine che ho pianto, e intorno a loro i suoni avevano un ovattato sgomento che il primo colpo di badile ha dissipato per sempre. Le due tombe di Artemisia, quella vera e quella fittizia, sono adesso uguali, polvere respirata».

Written by gfrangi

Ottobre 2nd, 2011 at 8:31 am

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