Robe da chiodi

Le dieci mostre da ricordare dell’anno che se n’è andato

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Premessa: Sono dieci mostre che ho visto. Quindi è una classifica fortemente parziale, da cui sono escluse rassegne sicuramente straordinarie come gli Stein a Parigi, De Kooning a New York e la sorpresa Ostalgia di Massimilano Gioni sempre a New York).

Gerhard Richter fotografato da Anton Corbjin

1. Gerhard Richter alla Tate. Una mostra che non si dimentica, esteticamente e moralmente altissima. Ne ho scritto qui.
2. Modigliani scultore al Mart. Un allestimento esemplare, che ha esaltato, contestualizzandola, l’eleganza esagerata delle pietre.
3. Tancredi a Feltre. Occasione centrata per una riscoperta di un grande inquieto capace di grande leggerezza.
4. Leonardo alla National. Per i prestiti ottenuti e perché le due Vergini delle rocce non erano mai state insieme. Per il resto molte riserve.
5. Le Madonne vestite a Sondrio. Vera sorpresa di fine anno. Una mostra che fa leva su un lungo lavoro di ricerca, che ha incrociato storia dell’arte, storia dei materiali e antropologia.
6. Pipillotti Rist per Fondazione Trussardi al Cinema Manzoni di Milano. Su di lei potrei avere qualche riserva, perché il suo mondo è immobile da 15 anni. Ma la qualità e l’impatto dell’operazione è di grande livello.
7. La Transavanguardia a Palazzo Reale di Milano. Una mostra che pensavamo nata morta (come l’analoga celebrativa per l’Arte Povera) invece mi ha preso in contropiede. Con una zampata il vecchio Abo ha dimostrato tutta la vitalità, in parte ancora operante (vedi sala finale di Cucchi), di quel movimento.
8. L’allestimento di Punta della Dogana a Venezia. In un certo senso era un appuntamento scontato. Di spettacolare e abile sistemazione di tante cose già viste: ma Cattelan nella stanza spoglia guadagna in drammaticità. Invece le sorprese non sono mancate:la Sturtevant con la corsa infinita del suo cane, la grinta di Thomas Schütte, la delicatezza piena di nostalgia di Chen Zen, le sorprese di Tatiana Trouvé e dell’etiope Julie Merethu. Poi al suo posto c’era sempre il grande ciclo di Sigmar Polke.
9. L’arte russa al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Ovvero quel senso epico che l’arte del Novecento non ha mai sperimentato. Una mostra pulita e ben fatta, che rende la coralità senza indugiare troppo sulle individualità.
10. Andrea Mastrovito a Casa Testori. Segnalazione in palese conflitto di interesse. Ma non credo di sbagliare: per ambizione, passione, coraggio la prova dio Matrovito (32 anni) nelle 20 stanze della casa è stata una grande prova.

Written by gfrangi

Gennaio 2nd, 2012 at 9:30 am

6 Responses to 'Le dieci mostre da ricordare dell’anno che se n’è andato'

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  1. Giuseppe, posso spezzare una piccola lancia infavore del Seicento? Anche se per molti versi non è memorabile, metterei anche Roma al tempo di Caravaggio, per aver esposto alcuni quadri del territorio laziale che non è sempre facile vedere: il frammento di Borgianni da Sezze, da Leonessa lo spettacolare giovane Lanfranco e il Manfredi (per me buono)e soprattutto il Serodine di Casamari, forse il quadro più bello della mostra.E poi, vista l’entità della problematica, il giovane Ribera, l’allestimento di Napoli, non di Madrid, per quanto le attribuzioni corrette sono quelle di Madrid, ma purtroppo lì si capiva meno. Giuseppe, non ne abbiamo ancora parlato. Buon anno, Auguri!!!!

    cristina

    2 Gen 12 at 1:44 pm

  2. Spezza la lancia! in effetti è un mostra interessante, ricca di sorprese. Grandissimo il Serodine. Ribera invece non l’ho visto ma mi fido di te (avevo letto anche un recensione interessante e postivia au Alias). Buon anno

    gfrangi

    2 Gen 12 at 2:50 pm

  3. Da poco tornato a Londra, concordo sull’intensità delle opere di Richter in mostra alla Tate..la sala dedicata al ciclo 18 oktober 1977 è indimenticabile. Il confronto con l’opera di Tacita Dean nella Turbine Hall è impietoso, a mio parere (un po’ come avvenne qualche anno fa a Palazzo Reale, con le mostre di Ferroni e Botero nello stesso periodo).
    Su Leonardo…mostra imperdibile per tanti punti di vista, ma alcuni punti mi lasciano perplesso.
    Tra le mostre non citate, mi permetto di segnalare anche Man Ray a Lugano.

    marcopino

    2 Gen 12 at 5:03 pm

  4. Sono d’accordo in particolare su quella sala, di un’intensità umana e drammatica davvero rara. Man Ray purtroppo non l’ho vista. A Lugano ne ho vista una bella di Wenders e signora fotografi. Ma non bella da entrare nella decina…

    gfrangi

    3 Gen 12 at 6:02 pm

  5. ciao Giuseppe,della mostra in triennale sull’arte Povera salverei Pascali e i suoi metri quadrati di mare circa (semplice, poetico, minimale, approssimativo, con un “elogio del dubbio” per il fatto che l’acqua non si muove, sembra una resina) e il grande “disegno” di Penone nelle prime sale. anche l’infilata di materiali sui quadri di ferro (della prada) e il senza titolo di kounellis incastrato nel muro con le sue pietre nell’ultima sala… forse vado un po a suggestioni, ragiono da artista. anche Boetti con i tappeti, sembrano i nuovi codici delle app. gli altri mi sembra pensino un concetto e poi lo traducano, una palla. e soprattutto mi sembrano questi quelli che USANO un materiale, invece che esporlo, giustapporlo. (dopo richter pistoletto scompare).
    sulla Transavanguardia: Cucchi strepitoso, inventa immagini che affiorano sulla tela, dice tutto con niente, quadri giganti che sembrano schizzi su un blocco 20×30. anche De Maria, liricissimo. però devo dire che gli altri……….la cosa più bella di paladino che ho visto fin’ora sono le pagine dell’evangelario e il ciclo su falcone e borsellino. speravo negli acquarelli di clemente!
    nella mia ignoranza io azzardo queste considerazioni…buon anno! e grazie

  6. Pascali sempre. Ma quante volte l’ho già visto in qeusti anni i mq di mare? E poi lì è collocato male, in modo troppo sciatto. Se guardi le foto (in catalogo) di come l’avevano collocato a Castel Sant’Elmo a Napoli vedi la differenza. Buon anno

    gfrangi

    11 Gen 12 at 8:14 am

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