Robe da chiodi

Il gomito di Mantegna

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Nella prima sala della mostra parigina si incontra su Mantegna un quadro, datato 1443/1448, conservato a Francoforte, che è l’emblema della mostra e di Mantegna stesso. È un San Marco, che spunta da dietro una finestra ad arco, ornata da una ghirlanda senza troppe pretese. Sul davanzale sta appoggiato il Vangelo con una rilegature poderosa e un frutto minuto, che sembra quasi fuori scala. È il primo quadro che si incontra, ed è perfetto per annunciare la sarabanda trascinante della prima sala, dedicata alla Padova eccitatissima, stregata da Donatello e aggregata attorno alla bottega poco ortodossa ma contagiosa dello Squarcione (un nome, un programma).
Il san Marco di Mantegna ha un particolare che non può non colpire: è quel suo gomito sinistro che si sporge platealmente e anche in modo un po’ innaturale oltre il largo davanzale. Viene insomma indisciplinatamente dalla nostra parte, rompendo la convenzione e l’ordine stabilito, dichiarandosi parente stretto (o per dirla, tutta, fratello) degli apostoli che Donatello aveva lasciato in piena colluttazione sulle porte della Sagrestia Vecchia a San Lorenzo. Quel gomito è un po’ la cifra che Mantegna si terrà attaccata per tutta la sua vita. La sua natura lo porta sempre a forzare, a mettere pressione all’opera e a chi la guarda. Mantegna è un pittore che vive di accelerazioni precipitose e impreviste. Che deve sempre scavalcare la convenzione o lo status quo. Tra i suoi capolavori padovani ci sono gli affreschi della cappella Ovetari agli Eremitani (foto qui sotto): lì aveva fatto i fuochi d’artificio, con quel pergolato in prospettiva che s’infila nel muro a velocità supersonica o con quel cielo surrealmente nero sopra la città.
Mantegna è uno che non le manda a dire, né si nasconde. Gioca sempre allo scoperto, e d’attacco. Forse per questo sembra così moderno (e ancora una volta Bellini con il suo immenso e poeticissimo pudore sta sull’altra riva).

Written by giuseppefrangi

Novembre 1st, 2008 at 10:46 am

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