Robe da chiodi

Gabriele Basilico e la Biennale “dormiente”

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Parlano da sole queste fotografie (cliccate sulle immagini per ingrandirle) della stupenda installazione Common Pavilions di Gabriele Basilico con lo studio di architetti di Roger Diener, alla Biennale Architettura in corso. Le foto di Basilico sono state scattate a Biennale dormiente, cioè in quei lunghi mesi di silenzio in cui i padiglioni restano soli, tra un evento e l’altro. Sono strutture silenziose, che finalmente possono svelare se stesse invece di essere inghiottite dalle installazioni che ospitano. Sono stranamente solitarie, quando invece siamo abituati a conoscerle sotto l’assedio del pubblico. A volte (vedi il padiglione tedesco con i tre archi sul fondo) neanche ci eravamo mai accorti di quali fosse il loro disegno architettonico. Le foto di Basilico sono poste sul grande mensolone, in un continuum che le fa essere un amalgama, un flusso continuo. Come creature dal dna diverso ma di una stessa grande famiglia architettonica (è bellissima questa soluzione che rompe con l’idolatria della fotografia e ne fa momento di una rappresentazione di un’idea). L’occhio di Basilico documenta con sorpresa ma con la consueta oggettività la vita segreta di questi padiglioni. Si crea un’intesa tra lui e le architetture che va aldilà del consueto (lui parla di «architetture solitarie abbandonate nell’attesa, con una corporeità fisica silenziosa»). Ma soprattutto colpisce quest’armonia delle diversità. Ogni padiglione è nato come espressione di una cultura e di un’identità, ma qui sviluppano solo dialogo. C’è da chiedersi perché. Penso banalmente che sia grazie alla loro natura di architetture profondamente neutrali, marcate dalla loro funzione: che prevede massima flessibilità e disponibilità a farsi usare. Quei grandi spazi fotografati per una volta vuoti, sono come un eccitante per la fantasia di artisti e curatori. Sono spazi straordinariamente seduttivi nel loro silenzio. Vuoti, ma già densi di sguardi che li desiderano. E qui Basilico gioca tutta la sua maestria: quante volte abbiamo visto sue grandi foto vuote di figure, ma tanto piene di “presenze”. Anzi, come lui dice, piene di corporeità.

Common Pavilions ha anche un sito molto interessante, in cui sono registrate le voci di artisti/architetti/storici dell’arte dei singoli paesi chiamati a dire la loro su questa convivcenza di diversità, ciascuno partendo dal proprio padiglione nazionale.

Written by gfrangi

Settembre 12th, 2012 at 7:14 am

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