Robe da chiodi

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La critica disarmata. Bentornati a Carla Lonzi

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È tornato finalmente in libreria Autoritratto di Carla Lonzi (la casa editrice et al. sta ripubblicando tutti i suoi testi, in edizioni sobrie, molto nello spirtio del tempo…; su amazon.it lo trovate al 30% di sconto). Un libro affascinante da me letto in fotocopie, che precorre tanto modo non di fare critica ma di essere critica di oggi. Ma nella Lonzi cerca sempre un riscontro di verità umana, di coincidenza tra l’avventura dell’artista e la sua (notate il titolo del libro al singolare: tanti incontri con artisti per cercare di capire se stessa). Nella belle pagine che Alias le ha dedicato sabato scorso Barbara Cinelli parla di «una personalità critica volontariamente “disarmata”, per un’innata vocazione piuttosto alla condivisione delle cose accadute, che non alla loro notomizzazione». E poi ancora: «si manifesta la felice cancellazione di ogni ideologia, intellettualismo o schieramento, e l’emergere, in una assoluta purezza, dell’adesione alle avventure individuali, che colloca la definizione del linguaggio visivo in una zona di esistenza piuttosto che di decifrazione storica». Una libertà tutta femminile, nei confronti della quale appaiono del tutto truci i tentativi maschili di imbrigliare l’arte in ragionamenti teorici (c’era Argan al suo opposto).

Belle due considerazioni di Carla Lonzi riportate nela pagine di Alias. La prima: «L’arte diventa il plus valore che la società attribuisce alle operazioni di chi crede in se stesso». La seconda (sul falso mito dell’India negli anni 70): «…se ne vanno per avere dei ragionamenti un po’ di spiritualità… qui ci sono gli artisti: possibile che la cultura ttanto è riuscita a fare che… uno non riesca a meditare sul lavoro di un artista e trarne delle conseguenze… C’è stato Duchamp… se uno ci medita ce n’è abbastsnza… non occorre che vada in India, mi spiego?». Si spiega, si spiega…

Written by gfrangi

Dicembre 15th, 2010 at 11:04 pm

Morandi, «avventuriero dentro» (i pro e qualche contro per la mostra di Bologna)

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Bella recensione di Barbara Cinelli alla mostra bolognese di Morandi su Alias, “Lo sparigliamento del monaco pittore” (sabato 28 marzo). La Cinelli sottolinea, catalogo alla mano, come la mostra bolognese sia stata sacrificata rispetto alla versione  newyorkese dal venir meno di molti prestiti, soprattutto nelle sale iniziali (la cosa curiosa è che si tratta tutti di prestiti italiani). La lettura della mostra avviene sulle tre direttrici dei rapporti di Morandi con altrettanti critici. Longhi, ovviamente, innanzitutto (sua la metafora del monaco, o dell’«austero viandante», «capace di attingere, in forza di virtù proprie alla perennità delle forme»). Il secondo è Ludovico Ragghianti, che raccomandava di guardare alle serie di Morandi come opere allineate in «costellazione», e non come variazioni, termine che allude all’esistenza di un prototipo e di una gerarchia a scendere (la forza della mostra è quella di aver seguito questo criterio espositivo). Infine Francesco Arcangeli, dalla cui collezione viene una cupissima, stupenda Natura morta con conchiglia non presente, chissà perché, in catalogo: Arcangeli cerca di piegare Morandi verso l’informale, facendo del male a se stesso come dimostrò la sfortunatissima vicenda del suo libro. Ma ci colse nel sorprendere l’“emilianità” di Morandi, come succede nel ricordo delle ripetute visite con il pittore alla mostra di Guido Reni del 1955. Morandi restava incantato, riferisce la Cinelli, «a guardare i grigi argentei, i banchi, le luci diafane, la capacità si orchestrare i toni in atmosfere di raffinatezza estrema, come nella veste dell’angelo che regge il bacile della Circoncisione della Pinacoteca di Bologna». Scrive dal canto suo Arcangeli: «Morandi gioca sui chiari, in questa fase, con un’altezza e una concentrazione, una distaccata ma profonda poesia, da richiamare per analogia, non per discendenza, quel raro, grande pittori di toni argentati che fu Guido Reni».

È senz’altro una chiave per capire le ultime due sale della mostra, le più belle e anche spiazzanti. Per le quali la Cinelli rimanda a una bellissima frase del Tonio Kröger. detta alla sua amica Lisaweta: «Come artisti si è fin troppo avventurieri dentro».

Nell’immagine Natura morta con drappo giallo, 1924, Collezione Longhi, presente alla mostra.

Written by giuseppefrangi

Marzo 29th, 2009 at 10:05 am