Robe da chiodi

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Il quadro preferito del mio amico Emanuele

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Il mio amico Emanuele Banterle, che oggi è stato accolto nelle braccia del Signore, aveva un artista preferito. L’ho scoperto un po’ per caso lo scorso agosto, quando in occasione del suo compleanno gli avevamo ragalato il catalogo della stupenda nostra parigina (ora a Filadelfia) dei Gesù di Rembrandt. Oggi così posso dire che quelle immagini, in particolare quella stupenda che è stata scelta per la copertina, mi sono diventate ancora più care. Il Gesù di Rembrandt è un Gesù di struggente tenerezza, è un Gesù antieroico. Un Gesù da dietro le quinte: come doveva verosimilmente essere nelle tante pause private, tra un momento pubblico e l’altro. È un Gesù tutto per per lui, Emanuele, che lo guardava (ma allo stesso modo per me), come se fosse seduto dall’altra parte del tavolo, per parlare proprio del suo (mio) destino. Intorno non c’è il rombo della storia ma il silenzio di un istante senza clamori. Per questo è così affidabile e vero. E allora mi sembra di aver capito perché a Emanuele potesse piacere tanto: perché è un Gesù mite, che guarda lui e parlava a lui, nel momento in cui la vita lo stava sottoponendo alla prova più dura: sembra quasi sentirlo sussurrare qualcosa. Non prediche, ma parole da amico, a tu per tu. Era un Gesù che partecipava persino della sua tristezza, con quello sguardo abbassato e quell’ombra sul volto. Davvero guardare un Gesù così è come un sentirsi abbracciati.
Da tutto questo me ne viene un grande gratitudine per il fatto che ci siano stati geni, profondi e insieme semplici, come quello di Rembrandt. E una gratitudine al quadrato perché l’amico Emanuele mi ha aperto gli occhi davanti alla sua grandezza. Cui si aggiunge una gratitudine di fondo per il fatto di essere figli di una cultura che ha capito quanto le immagini possano essere di sostegno alla vita.

Written by gfrangi

Settembre 16th, 2011 at 4:15 pm

Posted in pensieri

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