Robe da chiodi

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Le Twin Tower nell’orizzonte di Morandi

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Giorgio Morandi Natura morta, 1957. Vevey, Musée Jenisch

È una sorpresa sul lungolago di Lugano trovarsi davanti il grande cartellone che annuncia la mostra di Morandi: la Natura morta meravigliosa del 1957, con le sue bottiglie bianche scure slanciatissime, giganteggia senza nessun timore di quelle insolite colossali dimensioni. Il cartellone annuncia la mostra bellissima, con un centinaio di opere, di qualità altissima, alcune poco viste. Visitandola l’effetto di quel primo impatto con il grande cartellone messo sullo spartitraffico del lungolago, lascia il segno: tutto Morandi si svela come un pittore con la vocazione alla monumentalità. Lo sottolinea anche Bernardo Bertolucci nel filmato realizzato apposta per la mostra, ricordando come suo padre accostasse sempre Morandi a Giotto. E tra i materiali documentari c’è anche la sequenza famosa della Dolce Vita in cui Mastroianni disquisisce con Steiner davanti a un quadro di Morandi (una Natura morta Jucker) che Fellini aveva riprodotto a dimensioni molto ingrandite.
Da cosa è data questa vocazione monumentale di Morandi? Mi sembra chiaro derivi dalla natura strutturalmente architettonica dei suoi quadri. Nella bella e mai banale introduzione al catalogo (bello, edito da Silvana) la curatrice Maria Cristina Bandiera si sofferma giustamente sull’ultimo romanzo di DonDelillo Falling Man, scritto dopo la tragedia dell’11 settembre. In quel libro i due protagonisti, Lianne e Martin, dialogano davanti a un gruppo di nature morte di Morandi. E ad un certo punto concordano su questa lettura: «L’intero gruppo, in prospettiva disomogenea e colori per lo più smorzati, emanava una strana sorta di austera potenza. Lo guardarono insieme. Due degli oggetti più alti erano scuri e cupi, con segni fumosi e sbavature, e uno dei due era parzialmente coperto da una bottigliaa collo più lungo. La bottiglia era una bottiglia bianca. Era ai due oggetti scuri, troppo vaghi per essere identificati, che Martin si riferiva. “Tu cosa vedi?”, le chiese. Lei vedeva ciò che vedeva lui. Vedeva le torri». Fa impressione pensare che quelle piccole opere nate nella più assoluta riservatezza della provincia italiana, incorporino per un grande scritto come Delillo, i segni della più tragica giornata che l’Occidente abbia vissuto negli ultimi 50 anni.
A proposito della natura architettonica della pittura di Morandi, la Bandiera cita anche un’altra controprova: nel film che Sidney Pollack ha girato, prima di morire, su Frank Ghery, la casa di Wayzata, capolavoro dell’architetto canadese (1987), viene messa a paragone con una Natura morta di Morandi: la distribuzione delle masse appare identica. E la cromia dell’architettura evidenzia questa discendenza stretta.

Il sito della mostra

Written by gfrangi

Marzo 19th, 2012 at 11:22 pm

100mila lire per Morandi

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In occasione della bella e sobria mostra di Morandi organizzata a Villa Panza a Biumo da Anna Bernardini (Giorgio Morandi, collezionisti e amici, sino all’11 gennaio), veniamo a riscoprire il profilo di un artista la cui moralità oggi certo sconcerterebbe. Quando Francesco Paolo Ingrao, collezionista sardo, ansioso di avere una sua opera, gli mandò un assegno di 100mila lire, ebbe questa risposta da un Morandi imbarazzato: «Sarà necessario che ci intendiamo perché non mi è possibile accettare tanto denaro per un dipinto». Tanto denaro per un dipinto: e sì che i dipinti erano quasi tutti centellinati e filtratissimi capolavori. Come la serie di bottiglie che animano l’VIII sezione della mostra varesina. Bottiglie lunghe e strette dei vinai e delle trattorie bolognesi, che Morandi colorava di bianco per evitare il disturbo dei riflessi luminosi. Composte in un equilibrio meditato e assoluto, vibrano di una tensione quasi da spasimo. Difficile immaginare un simile equilibrio di pudore e di arditezza.

Sempre nel bel saggio in catalogo (edizioni Skira) di Flavio Fergonzi viene ricordato un episodio che consacrò la fama di Morandi, al di là certamente dei suoi desiderata. Nella Dolce Vita di Fellini, Mastroianni e Steiner dialogano davanti a una natura morta morandiana: «Gli oggetti sono immersi in una luce di sogno… dipinti con uno stacco, un rigore che li rendono quadi intangibili. Si può dire che è un’arte in cui niente accade per caso». Chapeau. (Certo è sorprendente pensare che Fellini sfosse stato stregato da Morandi, così lontano da lui. Sarebbe bello saperne di più).

Written by giuseppefrangi

Ottobre 2nd, 2008 at 11:32 pm