Robe da chiodi

Archive for the ‘Luca Fiore’ tag

E ora si balla con Robe da chiodi

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Un regalo inatteso da Casa Testori per i miei 60 anni. Hanno curato (benissimo da Luca Fiore: pensate, c’è anche l’indice dei nomi!) una selezione di testi di questo blog e ne hanno fatto un libretto, nobilitato da due postfazioni di Giovanni Agosti e Davide Dall’Ombra. Inutile dire la commozione per le cose che hanno scritto, e l’imbarazzo di vedere questi testi “volanti” depositati nella solidità così nobile della, da me amata, carta. Con la scelta elegantissima della testa di giovanetto di Luca Della Robbia in copertina. Mi dicevo oggi che, io per me, non l’avrei mai fatto. Ma ormai è stato fatto per la generosità di tanti amici e quindi, come si dice, si deve ballare… Chi lo vuole lo può chiedere all’Associazione. Mail info@casatestori.it
Se sarà utile ne son solo felice. Un grazie alle insostuibili Francesca (Ponzini) e Marta (Cereda). E un grazie ad Alessandro e a Massimiliano, alias Typello.
(Comunque Casa Testori è davvero un bel laboratorio. Quante cose sono uscite da lì in questi cinque anni!)

Written by gfrangi

Settembre 21st, 2015 at 9:42 pm

Padiglione vaticano alla Biennale? C’è chi aveva già svelato il mistero

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Oggi Pier Luigi Panza sul Corriere dedica un articolo sull’annunciato padiglione Vaticano alla Biennale 2011. Cerca risposte ma non ne trova, anche se sui primi programmi il Padiglione non compare. Avrebnbe dovuto leggersi il Blog di Luca Fiore per trovare la risposta che cercava. Tutto rinviato al 2013. Il neo cardinale Gianfranco Ravasi autorevolmente dixit (peccato, se ci è permesso un commento…)

Written by gfrangi

Ottobre 21st, 2010 at 7:54 am

Cosa avrebbe fatto Rothko in Vaticano

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Bella sorpresa quella che ci ha fatto l’amico Luca Fiore nel suo blog No Name: in una pagina dei Ricordi di un collezionista di Giuseppe Panza, ha scovato questa notizia inedita sull’ultimo Mark Rothko. Scrive Panza: «L’ultima volta che ci vedemmo, non molto prima della sua malattia, chiese a mia moglie di contattare il Vaticano per fare una Cappella a Roma. Non prendemmo iniziative, avendo molti dubbi sull’accoglienza della proposta, conoscendo le difficoltà del Vaticano di capire l’Arte Astratta».  Quindi non se ne fece nulla, ma resta l’affascinante interrogativo di capire che cosa avesse in testa Rothko, per arrivare ad esporsi su una richiesta simile. Lui con la sue radici ebraiche, lui con quel suo precipitare calmo, tragico e solenne verso una pittura di tomba, che punto di contatto poteva intravvedere con la tradizione ridondante e carnale della cattolicità romana? Non ci sono molti indizi per capirlo. Tuttavia ricordo che alla recente mostra romana, m’avevano sopreso delle grandi carte azzurre, datate 1969: cioé l’anno prima di darsi la morte. Erano del tutto anomale rispetto alla sua parabola che sembrava con implacabile coerenza andarsi a chiudere dentro quegli immensi orizzonti neri. C’era un che di sorprendentemente tenero in quelle opere, come un balbettio di un senso aspirato e intravisto. Forse dopo la Black chapel di Houston, luogo di meditazione per eroi disperati, nel cuore di Rothko era baluginata l’immagine di una cappella tutta azzurra. Quasi un lampo di paradiso. Prendiamoci la libertà di pensare che fosse proprio così…

(Post scriptum: c’è un aspetto di Rothko che andrebbe scavato ed esplorato in tutte le sue potenzialità: è il richiamo imponente alla “frontalità”. Qualcosa che richiama Ravenna e Bisanzio. È un pensiero da sviluppare…)

Written by giuseppefrangi

Febbraio 9th, 2010 at 12:01 am