Robe da chiodi

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Dedicato a mio padre

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Giovanni Serodine, Ritratto del padre

Giovanni Serodine, Ritratto del padre

Parto da questo quadro, un capolavoro di Giovanni Serodine che dipinge un ritratto del padre. È un quadro intimo, privato. Il contesto e l’impaginazione non hanno volutamente nulla di speciale. È un’immagine in cui il figlio cerca di indagare, di capire, di scoprire. Non c’è spazio per nessuna enfasi, semmai si respira un senso di affetto vero. È un quadro che scruta con discrezione un doppio interno: l’ambiente e il lato interiore del padre. Il padre è colto in una situazione abbastanza banale, che non teme di lasciar venire a galla anche una dimensione dimessa, pacificamente accettata. È un padre senza imperativi. Più propenso ad ascoltare che a dare ordini. Pensavo questo pensando a mio padre, Carlo, che ieri, 7 marzo 2015, se n’è andato. Non ricordo momenti in cui ho sentito la sua presenza come qualcosa di forte, di deciso, di ingombrante rispetto alla mia vita. Come il padre di Serodine è un tipo di padre che alza lo sguardo senza pensare di legare la libertà del figlio. Ma alza lo sguardo. È un padre che non va oltre a dei semplici accenni. A porre domande leggere. Non è un padre forte. Non è padre d’ordine. In un certo senso è poco padre, secondo quell’accezione un po’ granitica che per schematismo si assegna a quella parola.
Ma guardando il quadro di Serodine capisco che quell’essere meno potentemente padre, lo fa essere più profondamente padre. Mi chiedevo come poteva essere possibile una cosa che sembra essere contraddittoria. E allora ho aperto una pagina di quel genio nella comprensione dell’umano che è stato don Giussani, e ho capito, che il padre non è determinato dal suo carattere ma dalla fedeltà alla sua funzione: «essere il segno immediato del Mistero che ci ha fatti, il segno immediato di Dio, qualunque uomo sia stato – degno o non degno questo non c’entra, è l’essere segno che c’entra». È questo che fa sì che tuo padre sia piantato dentro di te. Per Serodine è andata così, perché così, e solo così si riesce a spiegare la verità e la profondità di quel quadro. Ma oggi scopro che così è stato anche per me.

Written by gfrangi

Marzo 8th, 2015 at 8:45 am

Il san Giuseppe innamorato

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Luini-Giuseppe-e-Maria-XGA

L’opera che vedete è di Bernardino Luini (cliccate per ingrandirla), fa parte di un ciclo di affreschi dipinti per la chiesa milanese di Santa Maria della Pace (intorno al 1514), affreschi strappati e oggi custoditi alla Pinacoteca di Brera. Luini è un importante artista lombardo, che avremo la frotuna di poter conoscere bene grazie alla grande mostra curata da Giovanni Agosti e da Jacopo Stoppa, a Palazzo Reale di Milano, dal 9 aprile. Luini è un artista ha avuto l’avventura (o la disavventura…) di doversi ad un certo punto della sua vita sintonizzare con la rivoluzione che Leonardo aveva introdotto nei suoi lunghi anni milanesi. Per lui questo doversi misurare con la lingua pittorica di Leonardo, così fluida e così nuova, doveva essere una gran fatica. Così quando poteva, si metteva da parte e ripescava quel suo stile molto lombardo e molto popolare, che era stato travolto dalla moda del leonardismo. Gli affreschi di Santa Maria della Pace sono proprio uno di quei casi. La pittura è semplice, netta nei tratti, e non insegue gli effetti sfumati che dopo il Cenacolo erano diventati tendenza dominante a Milano ma non solo. Luini tra l’altro con quella semplicità ritrovata si sofferma nel racconto della vita di Giuseppe, su un momento che non si vede mai rappresentato: è quello di Maria e Giuseppe che dopo le nozze se ne tornano a casa. La scena, tutta verticale è assolutamente stupenda. I due sposi si tengono mano nella mano camminando verso Nazareth, ma l’aspetto indimenticabile dell’affresco di Luini è il modo con cui i due si guardano, come due sposi sereni e innamorati. Giuseppe sta parlando e sicuramente sta raccontando qualcosa di bello o divertente a Maria, che non si sottrae certo ma ammicca con un sottile sorriso di complicità.
La loro strana situazione non sembra davvero porre problema, né all’uno né all’altra. Senza calcolo, ma per un istinto sano, Luini ci dice che quel momento era un momento di assoluta, tranquilla normalità.
[Avevo scritto queste cose qualche mese fa nella rubrica Riquadri per il sito Piccole note. La riprendo ora, perché qualcuno ha voluto farmi un regalo per questo 19 marzo, mandandomi una paginetta di don Giussani, commovente perché dattiloscritta, e geniale per l’acutezza con cui entra nel profilo di san Giuseppe. Giussani dice quel che si tralascia sempre: che san Giuseppe è stato un uomo fortunato. «Sì, fortunato perché era innamorato di Maria e Maria lo era di lui… e questa relazione tra di loro aveva raggiunto una trasparenza tale da non aver bisogno del fatto fisico». Appunto, basta l’intesa di quello sguardo, la tenerezza di quel tenersi per mano. E poi l’andatura allegra propria di ogni uomo fortunato…]

Written by gfrangi

Marzo 19th, 2014 at 10:37 am