Robe da chiodi

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Museo del Design, il design come feticcio

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Giovanni Pintori, pubblicità per le calcolatrici Olivetti

(Devo questi spunti a Massimiliano, tks)
Piccola riflessione dopo aver visitato la quinta edizione del Museo del Design alla Triennale di Milano, quest’anno dedicato alla Grafica Italiana. L’impaginazione è pulita ed elegante, tutta giocata su nette transizioni di colori: ma ala fine risulta un’impostazione un po’ vetrinistica, pensata per mettere in mostra il meglio, che nella gran parte dei casi è il solito “meglio” che abbiamo avuto modo di vedere in tante altre mostre o libri pamphlettistici sull’argomento. In questo modo secondo me si insiste nel dare un’idea sbagliata e tutta mediatica del design; roba appunto da vetrine di negozi trendy. Invece la realtà vera che ha fatto grande il design italiano è l’artigianalità anche faticosa del suo procedere. Ho in mente gli studi di Magistretti e Castiglioni e sono luoghi dove si avverte l’accumulo del lavoro materiale, la “sporcizia” lasciata dallo sperimentare, la fatica che precede l’illuminazione che risolve l’oggetto. Tutto questo viene come cancellato, per dare risalto solo all’oggetto finale: quasi fosse l’esito della magia di uomini dotati di particolare grazia creativa. Mi sembra un approccio poco interessante e pedagogicamente poco educativo. Il design così si trasforma in un feticcio, messo lì per riscuotere la nostra adorazione. Fosse stato per me, avrei preso solo una delle tante declinazioni della grafica (i giornali, solo per fare un esempio) e avrei ricostruito i vari percorsi, laboriosi e affascinanti, che avevano portato ad esiti tanto ammirati. È un approccio che permette confronti più serrati e anche culturalmente più interessanti. Avere la percezione della fatica e dei tentativi che stanno dietro alla bellezza sintetica e brillante di una soluzione, renderebbe più reale quella stessa bellezza.

Per spiegarmi meglio: c’è una piccola sezione della mostra in cui sono esposti alcuni studi di Bob Noorda per la segnaletica della Metropolitana milanese (un vero capolavoro distrutto da uno stillicidio di interventi scriteriati). In uno di quetsi che ho fotografato (male) prendendomi il rimprovero del guardiano si evde com Noorda si fosse preoccupato che le scritte con il nome delle stazioni fossero visibili sempre, in qualunque parte della carrozza uno si trovasse (mettendo così i nomi anche sui pilasti al centro, oggi colonizzati dalla pubblicità). Non a caso subito dopo lo chiamarono a sistemare la metropolitana di New York… È un esempio di quale lungo e paziente processo di pensiero, di sperimentazione e di semplificazione abbia dietro di sé ogni prodotto finito di grafica.

Bob Noorda, studio per il posizionamento della segnaletica della Metropolitana Milanese

Written by gfrangi

Maggio 27th, 2012 at 9:26 pm