Robe da chiodi

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Bonificando Bonifacio. Un arci libro per Bembo

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Questo è un libro goloso e che ingolosisce. Innanzitutto per confezione, titolo e cover. Arcigoticissimo Bembo di Marco Tanzi è un libro che anche solo a maneggiarlo ti porta nel clima magico della stagione del tardivo gotico lombardo. Il suffisso “arci” rende bene l’idea di quell’esperienza portata avanti baldanzosamente ad oltranza, quando attorno il mondo stava precipitosamente stringendosi attorno alle certezze nuove dell’umanesimo e della prospettiva.

La cover, scintillante al punto da apparire divertita e quasi ironica, è come il coperchio di una scatola: appena ce l’hai tra le mani, sai che aprendola ti aspetta qualche sorpresa. Nel libro che Tanzi dedica al suo amato Bonifacio Bembo (20 anni e oltre di studi e una conterraneità che tra le righe si sente), le sorprese non mancano. La prima riguarda il metodo. Non una monografia, ma un libro che si impone di fare un’opera di bonifica su quel si è detto e scritto attorno a questo maestro, bresciano di nascita ma cremonese per destino, la cui importanza è inversamente proporzionale alle certezze che lo riguardano. Così, ad esempio, il saggio dedicato alle tre stupende tavole con storie “immacoliste” di Maria (oggi due a Denver e una Cremona) non è altro che una lunga scheda che ripercorre gli studi fatti sino ad ora, che passa al setaccio le certezze, che divide il grano dal loglio. Il percorso a tratti è impietoso (quante cose approssimative diventano automaticamente certezze che nessuno discute e che a valanga disseminano confusione) a tratti avvincente, a tratti anche divertente. Una per tutti: la storia del profeta Eliseo presente nella prima delle tavolette, quella con il Bacio di Gioacchino ed Anna sotto la Porta d’Oro, è al centro oltre che di un equivoco iconografico, anche di un piccolo giallo ecclesiastico. Nella chiesa di Sant’Agostino il parroco non sa neppure che in quella chiesa è custodita la reliquia con la testa del profeta (tassello importante per la ricostruzione delle tre tavole): quella stessa chiesa era passata all’Osservanza dopo che due frati avevano ammazzato di botte nel 1449 il priore…

Alla fine setacciando, setacciando la prospettiva si ricompone più coerente e persuasiva. La storia critica delle tre tavole, innescata dalla solita intuizione di Longhi (intuizione precocissima: 1928) trova la sua probabile collocazione originaria che è molto omogenea alle ragioni iconografiche: «Mi piace così immaginare che alla metà del Quattrocento, entrando in sant’Agostino si potesse ammirare sulla destra, un altare mariano con dipinti che affrontano in maniera dotta ed esplicita il tema della Concezione di Maria…» scrive Tanzi. Concludendo: «Tutto così si incastrerebbe a meraviglia…».

Il libro procede, cambiando ogni volta stile di racconto e modello di approccio, cercando nuovi «incastri a meraviglia» per sistemare le cose su altri capolavori bembeschi. Sino al regolamento di conti finale sulla Madonna con il bambino e due angeli, oggi al Museo di Cremona e un tempo in Duomo. I toni aspri in queste pagine non mancano contro la tesi avanzata nell’improvvida scheda del catalogo del Museo. Ma è tutto sale che rende molto “arci” questo libro anche ai non addetti ai lavori.
PS: Il libro, edito da Officina Libraria, ha anche un prezzo molto “clemente”: 20 euro. Finalmente un libro “arci accessibile”…

Bonifacio Bembo, Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea, con il profeta Eliseo e san Nicola da Tolentino, Denver, Art Museum

Written by gfrangi

Febbraio 13th, 2012 at 11:31 pm

Ancora Rembrandt. Quei quadri clandestini

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Torno su Rembrandt. Mi sono procurato il catalogo, bellissimo e anche a modico costo (39 euro); pubblicato da un editore italiano (Officina libraria, di Marco Jellinek e Paola Gallerani) e stampato benissimo a Firenze. Evviva. È un adeguato supporto a una mostra che più ci si scava più si svela interessante e sorprendente. Ad esempio non sapevo che questa importante serie di “ritratti” di Cristo siano satti sempre un po’ tenuti ai margini del catalogo di rembrandt. Per questo nelle monografie non capita mai di vederli. Eppure i documenti parlano chiaro. Sentite questo: nell’inventario fatto nel 1656 dopo che Rembrandt si era rivolto al tribunale per evitare il fallimento, risultano appesi in casa sua ben tre di questi “ritratti”. Il notaio è preciso anche nel dire in quali stanze si trovassero e nel riferirli proprio al maestro. Il terzo in particolare lo decrive così: «Een Cristus tronie nae’t leven». Cioè, «una testa di Cristo dal vivo». I curatori traducono «d’après nature». La cosa ha creato un po’ d’imbarazzo nei critici, che o hanno tralasciato quel “nae’t leven”, o l’hanno interpretato come “a grandezza natura”. Invece letteralmente il notaio intendeva dire che quella testa di Cristo era stata fatta con “un modello vivente”. Non è un Cristo immaginato quello di Rembrandt. È un Cristo vero, come se sentisse la necessità di renderlo per sé vicino e visibile nel momento in cui la Riforma ha fatto piazza pulita delle immagini, della devozione e soprattutto della presenza di Cristo sull’altare. E proprio perché obbedisce a una necessità personale, che è anche un Cristo semplice, umile nei suoi atteggiamenti, quasi clandestino. Un Cristo personale, visto che dalla scena pubblica come volto era stato bandito. Proprio per questo tanto intenso. Seymour Slive curatore della mostra parla di un Cristo che colpisce per «la sua umiltà, la sua docezza, la sua vulnerabilità». È la miglior sintesi possibile.

Written by gfrangi

Maggio 7th, 2011 at 8:34 am

Guide ai custodi e I Pod Touch ai visitatori

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Da un’intervista pubblicata sulle pagine milanesi di Repubblica vengo a sapere che gli amici editori dell’Officina Libraria, Marco Jellinek e Paola Gallerani, dopo il successo dell’edizione italiana del catalogo del mostra di Mantegna al Louvre, hanno avuto un’altra importante e innovativa committenza dal museo parigino. È la guida per i custodi: un vademecum tascabile fuori commercio, molto agile da consultare con tutte le informazioni fondamentali per rispondere alle domande più frequenti dei visitatori. È un’idea semplice che rende poli attivi quelle persone a cui sino ad ora è stato assegnato un compito solo di sorveglianza. Chissà quale sarà il primo museo italiano a raccogliere la sfida? Motivare le persone, far capire anche ai livelli più bassi di responsablità che il patrimonio culturale non è una mucca da mungere ma un bene da tenere curato, soprattutto nei particolari sarebbe un grande scatto di civiltà. Proprio nelle settimane scorse, a Brera, in occasione dell’anomalo afflusso di visitatori per i tre quadri di Caravaggio arrivati, avevamo notato i custodi allo sbando. Quasi infastiditi che la pigra routine del museo fosse stata interrotta. Per il bene nostro e loro sarà bene che recuperino la coscienza e l’orgoglio del proprio ruolo.

Un’altra buona notizia, a proposito di idee innovative, viene da Venezia. Una mostra sull’arte etiope è stata presentata a Ca’ Foscari facendo un uso finalmente intelligente e ragionato della multimedialità, con guida su Ipod Touch e videointerviste al principale studioso, il novantenne polacco Stanislaw Chojnacki che compaiono nelle sale come ologrammi a grandezza naturale. Il percorso così è pensato come una sceneggiatura che ottiene il risultato di operare una riduzione immediata delle distanze tra l’immaginario espresso dagli oggetti e dal mondo racontato dalla mostra e l’immaginario di un visitatore contemporaneo. Come scrive con una punta di orgoglio uno dei curatori, Giuseppe Barbieri, «i materiali di arte etiopica proprio nel rapporto con la tecnologia multimediale rivelano una straordinaria forza di suggestione e la loro antichissima modernità». La mostra si avvale del contributo dei maggiori conoscitori della materia, tra cui Gianfranco Fiaccadori, che per il catalogo ha realizzato un saggio di una densità e di una riccheza di riferimenti davvero non abituale. Per avere un’idea della novità concettuale della mostra guardate il sito.

Written by giuseppefrangi

Aprile 13th, 2009 at 12:18 pm

Mantegnissima

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La mostra parigina di Mantegna si è chiusa superando i 330mila visitatori. Un numero da record.

Nel consueto referendum indetto dal Giornale dell’Arte sul meglio e il peggio dell’anno passato, la mostra di Mantegna è la più votata dagli “addetti ai lavori”: nove preferenze. Secondo Bellini con otto. Terzo Sebastiano del Piombo con cinque. Tra i moderni vince la mostra londinese di Cy Twombly (quattro preferenze). Mantegna tira anche come catalogo (nell’edizione italiana, edizioni Officina Libraria: in vendita scontato sul sito dell’Associazione Testori): è indicato tra le migliori pubblicazioni d’arte dell’anno. Vediamo di tener conto di tutto questo…

Written by giuseppefrangi

Gennaio 11th, 2009 at 2:41 pm