Robe da chiodi

McCarthy e Cattelan, aspettando Bossi

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Sono andato a vedere la mostra organizzata dalla Fondazione Trussardi di Paul McCharty a palazzo Citterio. Palazzo Citterio è un palazzo di cui Milano sembra essersi dimenticata: a due passa da Brera, avrebbe dovuto accogliore lo sviluppo della Grande Brera. Negli anni 80 cominciarono gli interventi architettonici di ripristino, poi tutto s’è fermato. Oggi giace lì già datatassimo e ridotto a rudere contemporaneo. Ci si chiede come Milano possa accettare uno spettacolo di simile tristezza. E la bella borghesia che si autodefinisce Amici di Brera in questi 30 anni cosa è stata lì a fare? All’interno la Fondazione Trussardi diretta da Massimilano Gioni ha presentato un ciclo di opere di Paul McCarthy. Complimenti per la scelta della location attuata da questa istituzione itinerane: almeno ha dissepolto questa vergogna milanese e la tristezza dei luoghi, vere cantine metropolitane dimenticate dai viventi. McCarthy in sede di presentazione viene definito «leggendario artista americano che con la lunga carriera ha scritto pagine findamentali della storia dell’arte contemporanea». Mi permetto qualche di nutrire qualche dubbio in proposito. Sarà un mio limite, ma non sopporto più l’orrore che non si fa carico del dolore. Troppo facile liquidare il mondo e l’uomo come un’Isola dei porci (è il titolo sin troppo didascalico della mostra). E poi mi ripugna questo voler tenere insieme il glamour ben palesato della macchina organizzativa con il compiacimento per il disgusto di McCarthy. Che il mondo sia un porcile non devono essere gli stilisti a venircelo a dire…

Poi è rieploso un caso Cattelan. Invitato a fare una mostra dal Comune, anticipando la grande rassegna che gli dedicherà il Moma, ha incontrato sulla sua strada le pruderie del sindaco Moratti (esemplare di quella bella borghesia di cui sopra, che quando non è addormentata si lascia prendere dall’isteria). Ora, se inviti Cattelan, sai che qualche rischio te lo prendi. Confinarlo al Pac e impedirgli di esporre la mano che fa le fiche davanti al palazzo della Borsa mi sembra un’idiozia. Cattelan, furbo di tre cotte, annunciando a Francesca Bonazzoli la notizia del veto e la sua conseguente rinuncia a fare la mostra, ha detto che se Milano fosse stata governata da Bossi non avrebbe incontrato resistenze (del resto immagino che la sua mano in marmo di Carrara, a cui sono state tagliate tutte le ditea, tolto il medio sia sgtata ispirata da quella celebre foto di Bossi; se non ve la ricordate eccola qui si sotto). «Sono convinto che se ci fosse stato Bossi come sindaco non solo avrebbe accettato la statua della mano, ma l’ avrebbe voluta in permanenza perché è una statua che, collocata proprio di fronte al palazzo della Borsa, alla fine parla della rabbia dei cittadini verso quello che Bossi chiamerebbe il teatrino della finanza». Bisognerebbe portare Cattelan nelle cantine di palazzo Citterio. Probabilmente gli ispirerebbero qualche idea interessante.

Written by giuseppefrangi

Maggio 23rd, 2010 at 10:42 am

2 Responses to 'McCarthy e Cattelan, aspettando Bossi'

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  1. Ciao Giuseppe, il buon Lucio mi ha segnalato da pochissimo il tuo ottimo blog, e da allora è tra i miei preferiti. “Non sopporto più l’orrore che non si fa carico del dolore”. Verissimo e sacrosanto. Vale anche per la letteratura, il cinema, ogni forma d’arte o semplicemente di racconto della realtà. E vale anche per altri “compiacimenti” intellettuali che sono ad esempio lo smarrimento, il nichilismo, il nonsense. Senza il dolore dell’uomo è tutto finto.
    Un carsissimo saluto, Alessandro

    Alessandro Iapino

    25 Mag 10 at 9:14 am

  2. Benvenuto Alessandro!

    giuseppefrangi

    25 Mag 10 at 10:01 pm

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