Robe da chiodi

Pietà Rondanini, quelle voci da dentro

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Non voglio aggiungere molte parole a questi testi. Sono presi dal Corriere della Sera di ieri. Sono voci di detenuti che commentano la decisione di portare la Pietà Rondanini nel carcere dove stanno rinchiusi: San Vittore. Mi preme solo sottolineare il valore di un servizio giornalistico che vuole intelligentemente rispndere a chi aveva detto che a San Vittore la Pietà non sarebbe stata vista da “nessuno”. Il Corriere ha dato la parola ad alcuni di questi “nessuno”.

Come l’abbraccio di mia madre. «L’arrivo della Pietà Rondanini a San Vittore mi evoca tante emozioni. Ho ben presente l’immagine: Maria che tiene tra le sue braccia Gesù morto. Non posso non associarla al pensiero di mia madre che fin da piccolo mi ha sostenuto sempre, senza lasciarmi mai solo neppure nei momenti più difficili e cupi. Per quanto drammatica è un’immagine che racchiude un’immensa dolcezza: una madre vicina al figlio nell’ora della fine. Penso che nessuna espressione di pietà arrivi a questa. Vorrei ringraziare chi, con l’idea di portare Michelangelo qui, ha dimostrato per noi una pietà analoga pur non essendo noi figli suoi».
Davide

Quale posto migliore. «Pietà: sentimento di compassione suscitato da dolori altrui, misericordia, avere pietà di qualcuno, provare pietà o invocarla, far pietà, ma anche atteggiamento di devozione, culto, pratiche di pietà, la Pietà di Michelangelo, la «Rondanini». Ecco, Maria che sorregge Cristo morto che le scivola tra le braccia rievoca tutto ciò. E allora quale posto migliore di San Vittore perché un uomo si chieda cosa sia, la pietà, e quanto di questo sentimento possiamo provare o suscitare nella vita, al cospetto nostro e degli altri. Pietà che trasuda dal marmo gelido di una statua: non possiamo che fermarci e riflettere. Grazie».
Nando


Maria piange per tutti noi.
«Questo è il ventiseiesimo Natale che non passo con mio padre, mancato quando ero piccolo, e il quinto senza la mia bambina. Personalmente non ho mai avuto modo di vedere la Pietà Rondanini prima d’ora. Ma già le foto che ho visto mi hanno detto molto: è il pianto della Madonna per suo figlio morto, e la mia fede (perché sono credente, nonostante tutti i miei errori) mi fa pensare che quella madre pianga anche per noi. Sarà collocata nella rotonda centrale di San Vittore, dove ogni domenica viene celebrata la messa, e penso che renderà il luogo un po’ più sacro».
Fabio

Il fuori e il dentro. «La ristrutturazione del Castello Sforzesco ci darà il privilegio di avere qui a San Vittore, per un po’, la Pietà di Michelangelo. Un’idea bella soprattutto perché unita alla possibilità, per chi vuole, di venire a vederla qui in carcere: sono rari i contatti tra questi due mondi, il «fuori» e il «dentro», e perciò tanto più preziosa è questa occasione. In realtà «tra» detenuti non è così strana, la pietà. Succede, per esempio, quando arriva un «nuovo giunto» e si cerca di accoglierlo ascoltando la sua storia davanti a un caffè-e-sigaretta. Il giorno saranno i volontari, psicologi, assistenti sociali, a impegnarsi per andargli incontro: estranei che si aiutano, spesso, più che vecchi amici. Dovremmo tutti ricordarcelo anche fuori».
Peter


Promemoria di Pietà.
«Un’opera di Michelangelo nella rotonda di San Vittore: non so cosa ne pensino fuori, ma credo che niente sia casuale. La Pietà ci parla di Gesù, crocifisso tra due malfattori come noi: lui, inchiodato e non legato, ebbe la fine più atroce. È ovvio, nessuno di noi può paragonarsi a Gesù. Intanto però la «pietà» arriverà a San Vittore sotto forma di opera d’arte. È un inizio e un’occasione doppia. Per chi verrà da fuori ad ammirarla: perché oltre alla statua vedrà, forse per la prima volta, anche un carcere. E per noi che in carcere ci stiamo: promemoria di pietà per noi stessi e per le vittime dei nostri reati».
Lenny

Written by gfrangi

Dicembre 13th, 2012 at 11:48 pm

8 Responses to 'Pietà Rondanini, quelle voci da dentro'

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  1. da “dentro” vengono questi commenti. Grazie a chi li ha scritti e a chi li ha raccolti! Dimostrano che “dentro” spesso ci sono persone migliori di noi “fuori” e magari non pericolose, che in altre parole dovrebbero essere con noi e non dietro le sbarre di un carcere che solo gli spietati giustizialisti (contro gli “altri”…) vogliono. Verra’ il secolo in cui si capira’ l’inutilita’ (in 90 casi su 100) del carcere voluto come istintiva vendetta “sociale(?)” invece del risarcimento alle vittime dei reati e del sostegno sociale a chi e’ in difficolta’. Infatti il carcere crea piu’ problemi (alle persone e alla societa’) di quanti non ne possa risolvere… Forse sara’ bene nel frattempo ogni tanto ricordare che l’ITALIA e’ il glorioso paese natale di Cesare Beccaria.

    MauriZio

    14 Dic 12 at 3:04 pm

  2. grazie ai fratelli detenuti x i commenti straordinari grondanti dì umanità più che mai necessarIa in questi tempi.

    Ciro

    14 Dic 12 at 3:16 pm

  3. Davide, Nando, Fabio, Peter e Lenny mi rincuorano sulla possibilità dell’arte di ‘approssimazione’ al centro.
    MI chiedo quante opere d’arte contemporanea avrebbero avuto questa risposta. Poi mi chiedo anche quante e quali opere d’arte di tutti i tempi avrebbero avuto questa risposta. Queste risposte.
    La pietà Rondanini non è opera semplice.

    paola

    14 Dic 12 at 3:58 pm

  4. (continuo). Pensavo alla Annunciata di Antonello: quella che mette una mano avanti tra sé e l’angelo. Ma Lei mi coglie in un altro punto e in un altro momento: lei starebbe bene in una sala parto.
    Nella mia dimensione di prigioniero di questo mondo e di questo corpo non trovo immagine più vicina della pietà Rondanini.
    La battaglia degli ultimi tre giorni di MIchelangelo: la contraddizione massima sulla impossibilità di sostenere un corpo morto (chi lo sostiene? il sapiente Nicodemo? no certo, la Madonna? non è il suo compito, l’anima dell’uomo? ) e il sapere che nonostante quella morte, proprio in quella morte, è data la redenzione.

    paola

    15 Dic 12 at 12:25 pm

  5. Pietà e San Vittore
    Il FAI ha aperto le porte della Casa Circondariale di San Vittore. Casa peraltro molto particolare conosciuta ai milanesi per l’aspetto esterno, per la cronaca e come Carcere.
    Diverse istituzioni affrontano il tema della cultura espressa attraverso i musei e le raccolte pubbliche o private di cui Milano dispone. I temi cultura e reclusione possono convivere a dispetto di chi “con la cultura non si mangia” e “abbattiamo San Vittore” (tanti ed influenti quanti ancora sostengono queste tesi). Il Castello Sforzesco è un grande vecchio, che grazie a Luca Beltrami ha resistito quasi indenne ai distruttori di memorie.
    San Vittore è più giovane, nato nel 1872, ma sta in piedi per miracolo. Ai pochi estranei che ne hanno accesso appare una situazione catastrofica.
    Il centro della stella a sei bracci è raro esempio di architettura panottica in Italia. Gli affreschi della volta cascano letteralmente a pezzi tanto chesono stese delle reti per non farli arrivare a terra, Il discorso si farà più complesso quando vorremo toccare l’argomento restauro e migliore utilizzo del complesso.
    Oggi è urgente il dibattito sul rapporto tra il pubblico e l’arte. La Pietà è il testamento materializzato di Michelangelo, fattosi forma all’interno di un percorso meraviglioso non troppo conosciuto. Nella sala del Castello i visitatori girano attorno al blocco di marmo per cogliere le due figure in trasformazione.
    Al centro del carcere la Pietà sarà ammirata anche da chi oggi ha una libertà molto limitata. E’ il caso di chiederci se si possa in un futuro liberare temporaneamente i detenuti per omologarli ai liberi visitatori e consentire anche a loro l’ingresso nei musei? E allora, quando sarà tornata nella sua sede storica, al piano terreno della Corte Ducale, potremo vedere tutti insieme la Pietà.(alberto bolzani)

    alberto bolzani

    16 Dic 12 at 4:00 pm

  6. […] firma di Frangi anche questo pezzo che invito a leggere e che raccoglie le “voci di detenuti che commentano la decisione di […]

  7. Le risposte dei detenuti manifestano coscienza e partecipazione spirituale all’evento: altro che indifferenza. Come conosciamo poco noi stessi, gli altri e la grandezza umana.

    Domenica Luise

    19 Dic 12 at 1:20 am

  8. Quando da piccola ho visto per la prima volta un’opera di Michelangelo era proprio questa (ma non lo sapevo). Mia nonna milanese aveva preparato per la mia famiglia un giro al famoso Castello Sforzesco. Io di tutto il Castello mi ricordo solo di questa cosa aliena lì. Questo corpo, con quelle gambe aperte, di un dolore impressionante. Tremendamente cupa. Mi dicevano che fosse Gesù e mia nonna era in adorazione. Però il Gesù che vedevo in chiesa mi pareva più rassicurante, qui era solo un uomo che soffriva e questa volta era lui ad appoggiarsi a qualcuno. Non capivo fosse morto!

    Jessica Consalvi

    13 Apr 14 at 6:08 pm

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