Robe da chiodi

Giorgio Morandi sulle strisce pedonali

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Bellissima lezione di Flavio Fergonzi su Morandi per il corso Rovesciare il 900. È stato un approccio da autentico rovesciamento, che allontana la pittura di Morandi dall’approccio naturalistico o architettonico (nel senso della costruzione “astratta” del quadro) che gli viene attribuito. Con Morandi invece accade una sorta di spostamento linguistico, nel senso che cambia lo statuto del quadro: Morandi “dipinge la pittura”, ha detto Fergonzi, nel senso che i soggetti nella loro immobilità e ripetitività diventano strumenti non di una rarefatta rappresentazione ma di una riflessione sulla natura stessa del quadro. A proposito, Fergonzi ha raccontato un episodio datato inizio 1960. Manlio Cancogni era venuto a Bologna per un’intervista da pubblicare sull’Espresso. Terminata la quale, insieme a Morandi era uscito per fare un giro per Bologna. Erano anni di grandi trasformazioni, e le città si adattavano sempre di più alle necessità del traffico automobilistico. Ad esempio comparivano le prime strisce pedonali: vedendo degli operai intenti a dipingerle ad un incrocio, Morandi se ne uscì con questa battuta rivelatrice: «Finiremo a dipingere così noi pittori». C’era ironia e un po’ di disprezzo in quella sua battuta. Ma Morandi ci prendeva: Frank Stella in quegli stessi anni dipingeva i quadri a strisce regolari. Schifano metteva su tela il nero dell’asfalto con il bianco segmentato dello spartitraffico. E lui? Lui, Morandi su un piano più sofisticato, stava muovendosi nella stessa direzione. Nell’apparente immobilità c’è un continuo slittamento linguistico. Forme calme dipinte con pennellate drammatiche; pennellate che a loro volta nel disporsi sulla tela disegnano linee in contrasto con quello che chiederebbe una logica rappresentazione degli oggetti. Spiega Fergonzi: «La stesura dei piani cromatici non segue, inoltre, l’ordine tradizionale (partire dallo sfondo per concludersi col primo piano) ma uno inverso, con lo sfondo dipinto alla fine: Morandi aumenta in questo modo il carattere di sospesa atemporalità della natura morta». Siamo decisamente lontani da ogni prospettiva naturalistica: Morandi lavora infatti sul secondo livello, quello della stesura della pittura. Si inventa una pittura di superifcie, affermando quella grande conquista dell’autonomia della superficie. La superficie era indicazione di qualcosa, con cui Morandi ha fatto i conti prima di tutti del tutto appartato.

Written by gfrangi

Aprile 18th, 2013 at 9:21 pm

2 Responses to 'Giorgio Morandi sulle strisce pedonali'

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  1. Grandissimo!
    Un gigante, così sicuro del suo lavoro da non aver bisogno di scrivere un rigo per giustificarsi.

    C’è dentro già anche Richter, che invece, da cittadino nostro simile, parla e parla (e non ne avrebbe bisogno…). In quella foto di Richter fotografato da Lothar Wolleh è evidente che Morandi è il maestro.

    Beatrice

    19 Apr 13 at 1:12 pm

  2. Molto bello veramente l’incontro su Morandi. La sua “dimensione domestica” è come se fosse la condizione necessaria per radicalizzare la domanda universale sul senso del proprio agire (nel caso di Morandi accidentalmente il dipingere). Arriva così al disincanto del “dipingere la pittura” togliendo al proprio fare ogni preoccupazione/scopo/obbligo moralisticheggianti e teoricamente precostituiti. E’ la scoperta e l’adesione piena alla propria vocazione. E’ il ritornare bambini: ogni volta è un big-bang, “creando ogni volta un gesto su misura”. Mi è stato utile rileggere la (bellissima) lettera di Morandi a T. Monk da te segnalata su questo blog, dove mi pare che quest’urgenza di senso prenda il sopravvento e diventi la guida di scelte formali o tecniche.
    Ciao
    Patrizio

    Patrizio

    19 Apr 13 at 2:32 pm

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